Myocastor coypus, più comunemente conosciuto come nutria, è un mammifero roditore originario del Sudamerica.
La storia del suo peregrinare per il mondo è complessa e, come spesso accade quando si parla di specie aliene invasive, ineluttabilmente legata all’uomo, ai suoi umori ma sopratutto all’economia.
Questo animale fu introdotto in diversi Paesi, cominciando dagli Stati Uniti, sin dai primi anni del Novecento allo scopo di incrementarne l’allevamento per l’industria della pelliccia.
La famosa pelliccia di castorino per intenderci, considerata, sopratutto nella sua variante bianca di cui, ogni tanto, può capitare di osservarne ancora alcuni esemplari, di assoluto pregio.
Quest’anno, pensate, potremmo addirittura “festaggiarne” i cento anni dalla sua introduzione a scopo di lucro nel nostro paese, il primo allevamento italiano risale infatti al 1921 ed era situato in provincia di Alessandria.
La massima espansione di questa attività, sempre comunque circoscritta alla piccola sfera dei micro-allevamenti a conduzione famigliare, si ha attorno agli anni ‘50.
Pare vi fosse anche una associazione, l’Associazione Nazionale Allevatori Castorini.
Attorno agli anni ’70 il crollo del valore di questo tipo di pellame provocò la repentina chiusura di tutti i piccoli allevamenti sparsi per l’Italia, determinando, in molti casi, la liberazione degli individui in natura.
Oggi, dopo cento anni esatti dalla sua introduzione le popolazioni di nutria sono ben presenti non solo nel panorama padano, ma praticamente ovunque vi siano zone umide: fiumi, laghi, stagni, paludi, acquitrini e, senza la presenza di predatori naturali, sono una vera e propria piaga.
Le loro tane hanno il potenziale per danneggiare dighe, scarpate, arginature e sistemi di irrigazione.
La loro attività di foraggiamento poi può facilmente concentrarsi sulle coltivazioni.
Che dire, questo animale è passato letteralmente dalle stelle alle stalle!
Foto da web
© Michele Zanconato